Accogliere Cristo nel tuo cuore

Matthew Johnston

            Ogni vita si compone di una vasta gamma di relazioni: dai propri parenti agli sconosciuti che si incrociano tornando a casa. Si vivono questi rapporti secondo diversi livelli di intimità, la quale si concretizza spesso a casa. Più intimo è il rapporto, più si permette ad una persona di avere accesso alla propria casa. Ad alcuni non è permesso di varcare la soglia del portone, mentre con altri si parla davanti alla porta di casa. Il vicino viene accolto sulla soglia di casa, ma gli amici sono accolti a tavola. Quelli più intimi restano per la notte, oppure per un paio di notti. Benché, come recita il detto, a volte “l’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza”,  ci sono alcuni ospiti (spesso parenti) che rimangono ben oltre tre giorni: una settimana, un mese o più mesi! Ovviamente c’è una differenza abissale tra il modo in cui condividi la vita con chi rimane da te per una sola cena e il modo in cui la condividi con chi vive da te per tre mesi. 

            Dove collocheresti il tuo rapporto con Cristo nelle riflessioni precedenti? Assomiglia più al rapporto che hai con l’amico che cena da te un paio di volte all’anno oppure a un rapporto che esiste tra persone che condividono tutto nella vita? La richiesta di Paolo in Efesini 3:17, “e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori,” ci invita a riflettere sulla dimora di Cristo nel cuore del credente. Se tu sei in Cristo, come accogli Cristo nel tuo cuore? Gesù si sente a casa nel tuo cuore? Si trova a suo agio?

Come si può accogliere colui che è già arrivato?

            Prima di procedere con le nostre riflessioni, dobbiamo affrontare una domanda di natura teologica che viene subito a galla. Se Cristo è nel cuore di ogni credente per mezzo dello Spirito, come è possibile che Paolo preghi che Cristo dimori nel cuore di credenti? Perché chiedere che possano ottenere quello che già possiedono? La sua prima preghiera, quella nel primo capitolo della stessa lettera, ci offre un ausilio nel rispondere. In quella preghiera Paolo supplica Dio che gli dia lo Spirito (notate la “S” maiuscola) di sapienza e di rivelazione (1:17). Pregava palesamene per credenti (“la vostra fede,” 1:15) ossia coloro che avevano già lo Spirito (1:13-14). Quindi è evidente che pregava che potessero sperimentare nuovamente o vivere pienamente l’opera dello Spirito che agiva già nei loro cuori. In altre parole, pregava che potessero sperimentare un aspetto specifico del ministero dello Spirito. In un modo simile, Paolo prega che gli Efesini possano sperimentare o vivere pienamente l’opera di Cristo nei loro cuori. Si tratta dell’accrescimento della loro esperienza della sua presenza. Cristo dimora nel cuore di ogni credente, ma non ogni credente lo sperimenta nello stesso modo, perché non ogni cuore si adatta ugualmente a Cristo. Pur essendo ugualmente sposate, due coppie possono vivere il matrimonio in due modi contrastanti. Una coppia vive il matrimonio con gioia, condivisione e comunione; l’altra lo vive come se fossero soltanto coinquilini senza una vera unità amorevole.

            Cristo è sempre con noi tutti giorni fino alla fine dell’età presente (Matt. 28:20), ma spesso viviamo come se fosse assente in diversi momenti della vita. Non siamo in grado di accogliere Cristo nel cuore senza l’intervento dello Spirito. Infatti, la traiettoria della preghiera di Paolo rivela il legame tra la potenza dello Spirito e la presenza di Cristo nel credente. Egli prega in primis che Dio dia loro “secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore” (3:16). Il risultato della fortificazione dello Spirito è una più completa esperienza dell’inabitazione di Cristo. Lo Spirito Santo deve rendere il nostro cuore una dimora degna di ospitare Cristo.

            Pensa a tutto quello che si fa per preparare la casa prima che arrivino gli ospiti: fare la spesa, pulire ogni centimetro della casa, ricercare ricette, preparare i cibi, apparecchiare la tavola, ecc. Però, quanto fai per accogliere Cristo nel tuo cuore? La preghiera di Paolo in Efesini 3:17 mette in risalto tre elementi: l’ospite, la chiave e la casa. Studiando questi tre elementi, possiamo assicurarci di accogliere Cristo nel nostro cuore in modo che possiamo conoscere la gioia della comunione rivitalizzante con lui. 

L’ospite

L’ospite è Gesù Cristo, il cui corpo porta i segni dei chiodi, le ferite provocate dall’ira di Dio contro i nostri peccati. Egli è il Giusto che intercede per noi incessantemente alla destra del Padre (1 Giovanni 2:1). Il leone di Giuda che ha vinto la morte e l’Agnello immolato per noi (Apoc. 5:5-6). Gesù ci salva, ci santifica di giorno in giorno e prende dimora nel nostro cuore. Risiede con noi per mezzo dello Spirito. Eravamo figli d’ira (2:3) ma siamo diventati figli di Dio in Cristo per mezzo dell’adozione amorevole del Padre (1:5) in modo che siamo membri della sua famiglia (2:19). È dunque, per certi versi, inadeguato chiamarlo semplicemente ospite poiché è il nostro fratello maggiore, “il primogenito tra molti fratelli” (Rom. 8:29). Infatti, la parola scelta da Paolo, “abitare” (κατοικῆσαι) sottolinea l’intimità relazionale e la profondità della nostra comunione con Cristo. Paolo la impiega due altre volte per riferirsi all’unione ipostatica (l’unione tra la natura umana e divina nella unica persona di Cristo): “Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza” (Col. 1:19); “perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Col. 2:9). Dunque, Non si tratta di una dimora provvisoria, ma stabile; non una visita passeggera, ma una permeanza radicata; un’influenza totale anziché parziale. L’esperienza di quest’abitazione di Cristo nel cuore va ben oltre la conoscenza di alcuni fatti su Cristo. 

            La dimora di quest’ospite si concretizza nel cuore del credente, quando ne è più consapevole. Però, si potrebbe obbiettare dicendo, “Dio è onnipresente, e allora è—almeno nel senso generale—presente con tutti.” Però, nello stesso modo in cui il Dio onnipresente manifestava la sua presenza in modo speciale nel tabernacolo e poi nel tempio nell’Antico Testamento (ad es. Esodo 40), Dio è presente in modo speciale nel cuore del credente. La sua presenza ha uno scopo specifico in quanto Cristo abita nel cuore del credente per aiutarlo ad appropriarsi delle benedizioni spirituali che gli appartengono in Lui (Efesini 1:3). Riflettendo sull’onnipresenza di Dio, il salmista poteva dire “Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo…Tu mi circondi, mi stai di fronte e alle spalle e poni la tua mano su di me” (Salmi 139:2, 5). Il cristiano può dire a Cristo: “Tu abiti dentro di me quando mi siedo e quando mi alzo, tu sei dentro al mio cuore, abiti sempre nell’uomo interiore.” Cristo può simpatizzare con ogni nostra debolezza in quanto uomo, e può essere veramente presente con ognuno dei suoi seguaci in quanto Dio. Cristo abita nel cuore del credente, ossia il credente sperimenta la risposta a questa preghiera quando è conscio del fatto che il Dio-uomo vive dentro di lui per incoraggiare, consolare e edificare. Inoltre, questa consapevolezza si realizza nella comunicazione. Siccome è vero che “dall’abbondanza del cuore parla…la bocca” (Luca 6:45), quello che diciamo è il frutto della dimora traboccante di Cristo nel nostro cuore. Il credente parla di Cristo, ma parla pure con Cristo nel suo cuore e desidera sentire da Cristo nella sua Parola.

            Gesù parlò dei due modi diversi in cui fu accolto alla casa di Simone il lebbroso: “E, voltatosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato dell’acqua per i piedi; ma lei mi ha bagnato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli” (Luca 7:44). La tua accoglienza di Cristo—l’Ospite per eccellenza—s’assomiglia più a quella della donna o quella di Simone?

La chiave

            La fede è la chiave tramite la quale ospitiamo Cristo nel nostro cuore perché il dimorare di Cristo in noi è una realtà che si sperimenta “per mezzo della fede” (Efesini 3:17). La fede è lo strumento per mezzo del quale si sperimentano le cose vere ma invisibili. Nello stesso modo in cui i nostri cinque sensi ci aiutano a sperimentare la realtà naturale, la fede ci permette di fare lo stesso con la realtà spirituale. L’odore che emana dalla ragazza che ha esagerato con il profumo esiste anche se tu non lo puoi sentire a causa del naso tappato. L’olfatto è il senso che ti permette di percepire stimoli odorosi. La fede ci permette di percepire stimoli spirituali.

            Si trova una sottolineatura della connessione tra la fede e la dimora di Cristo in Galati 2:20, laddove Paolo esclama “Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.” Cristo vive nel credente e il credente vive questa realtà per fede.

            La fede può essere riassunta in tre elementi: notizia, assenso e fiducia. La fede include la notizia perché crediamo in qualcosa. La fede non è autoreferenziale (avere fede in fede è assurdo). Il Vangelo è la buona notizia. Credendo, il cristiano si riempie la mente con le verità sulla persona e l’opera di Cristo. La fede include l’assenso perché il cuore del credente asseconda le cose in cui credere; le considera come vere. Però, la fede non si ferma con l’intelletto (i demoni sono capaci di tanto, Giacomo 2:19) ma coinvolge la volontà perché comporta la fiducia. Il cristiano si rifugia in Cristo per fede. S’aggrappa a Cristo, credendo in lui. Dunque, si accoglie l’inabitazione di Cristo nel cuore per fede, laddove la mente riflette sulla bellezza delle diverse sfaccettature della dottrina (notizia) e gioisce in essa credendo che sia vera (assenso) per poi rifugiarsi in essa, usando la verità della sua presenza per consolarsi (fiducia).

            Quando crediamo davvero che Cristo dimori in noi, il modo in cui viviamo subisce una trasformazione tangibile. Si gira la chiave della fede quando la gloriosa realtà della inabitazione di Cristo ha un impatto pratico sulla vita del credente. Il credente dovrebbe fuggire la fornicazione perché convinto per fede di non poter praticare l’immoralità sessuale senza coinvolgere colui che dimora nel suo cuore (vedi 1 Corinzi 6:15-21). Il credente, mediante il rinnovamento della propria mente, può combattere lo scoraggiamento suscitato dalla solitudine, realizzando per fede che Cristo è sempre vicino e, pertanto, il credente non è mai del tutto isolato.  

La casa

            La casa dove si accoglie Cristo è il cuore, “il centro di controllo” della nostra esistenza (Proverbi 4:23). Il cuore rappresenta chi siamo nel senso più importante. Tripp nota nel suo libro, Strumenti nelle mani del Redentore che “Il cuore è il nostro ‘vero’ io, è il nucleo centrale del nostro essere,” (p. 70). Poi prosegue spiegando, “Ad esempio, quando sosteniamo di conoscere bene qualcuno, non stiamo dicendo di conoscere profondamente le sue orecchie o il suo naso; stiamo parlando dell’uomo interiore, del cuore! Sappiamo quello che la persona pensa, cosa desidera, ciò che la renda felice o triste; siamo in grado di esprimere ciò che sente in un determinato momento” (p. 70). Dunque, se Cristo abita nel nostro cuore, Egli ha accesso ad ogni parte della nostra vita.

            Dobbiamo accogliere Cristo in ogni stanza del nostro cuore, vogliamo che la sua presenza permei ogni suo vano. Cristo abita pienamente nel cuore del credente, cioè si sente di più a casa, quando ogni camera viene ristrutturata a suo piacimento. Il cuore è un altro modo per descrivere l’anima (la parte incorporea dell’uomo) e include la volontà (Proverbi 3:5: “Confida nel SIGNORE con tutto il cuore”), l’intelletto (Ebrei 4:12: “i pensieri e le intenzioni del cuore”) e l’affetto (Salmi 37:4: “i desideri del tuo cuore”). Cristo deve ristrutturare le nostre decisioni, i nostri pensieri e i nostri desideri.

            Robert Munger nel suo libretto, Il mio cuore la casa di Cristo raffigura la vita cristiana come una casa, che Gesù attraversa passando di stanza in stanza. La biblioteca rappresenta la mente. La sala da pranzo l’appetito. Ci sono pure il soggiorno delle amicizie e il ripostiglio che contiene i peccati segreti. Il Signore deve ripulire tutto quanto prima di poter accomodarsi e sentirsi a suo agio. In Efesini 3:17, Paolo prega che Cristo possa essere presente per fare questo lavoro di pulizia e ristrutturazione.

            D.A. Carson, commentando Efesini 3:17 nel suo libro “Un appello per una riforma spirituale,” adotta un approccio simile a Munger e fornisce un’illustrazione intrigante al riguardo:

            “Immaginatevi una coppia che accumuli abbastanza denaro per acquistare una vecchia casa. Comprano la casa, ma sanno bene che avrà bisogno di parecchio lavoro di adattamento e di restauro. Non sopportano la tappezzeria di colore nero ed argento nella camera da letto principale. Ci sono mucchi di spazzatura in cantina. La cucina sembra essere fatta più per la gioia dell’idraulico che per la cuoca. Il tetto perde in un paio di punti, l’isolamento è scarso, come pure l’illuminazione nel bagno e la vecchia caldaia è ormai corrosa. Non solo, ma, crescendo la famiglia, questa coppia completa un paio di camere supplementari nel seminterrato ed aggiunge una piccola aula per ospitarvi uno studio ed uno spazio lavoro. Il terreno circostante viene accuratamente pulito e preparato per accogliervi un bel giardino…Un bel giorno, venticinque anni dopo l’acquisto, il marito condivide con la moglie quest’osservazione: ‘Sai, mi piace proprio stare qui. Questo posto si adatta bene alle nostre esigenze. Dovunque guardiamo, vediamo il risultato del nostro lavoro. Questa casa è stata adattata ai nostri bisogni e ai nostri gusti. Qui mi sento proprio a mio agio.’”

            Poi Carson applica quest’illustrazione a noi in quanto credenti: “Quando Cristo fa di noi la Sua dimora, Egli vi trova solo l’equivalente di un mucchio di spazzatura, tappezzeria nera ed un tetto che perde, così Egli si dà da fare per trasformare questa casa in un luogo adatto a Lui, una casa dove possa stare veramente comodo. Bisogna fare molti lavori di pulizia e di restauro, diverse riparazioni e persino ampliamenti” (pp. 212-213).

            Il nostro cuore è, sì, la casa di Cristo; ma è sempre, allo stesso tempo, un cantiere.

Una nuova prospettiva sull’amore di Cristo

            Ogni ospite lascia il suo segno. Nessuno più di Cristo. La preghiera di Paolo persegue e dimostra che la presenza di Cristo (Efesini 3:17) sperimentata per mezzo della potenza dello Spirito (Efesini 3:17) ci permette di sviluppare una nuova prospettiva sull’amore di Cristo (Efesini 3:18-19). Ecco come Paolo descrive lo scopo della inabitazione di Cristo:

…perché, radicati e fondati nell’amore, 18 siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo19 e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Efesini 3:17-19).

Quale motivo migliore per accogliere Cristo nel tuo cuore?

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